mercoledì 16 giugno 2010

Trasloco!

ANNUNCIAZIO', ANNUNCIAZIO'!

Ratio Ludica trasloca e prosegue sul nuovo indirizzo:


Aggiornate i vostri bookmarks: ci ritroviamo lì!

mercoledì 9 giugno 2010

Blog sospeso

Cari lettori, ho deciso di sospendere temporaneamente il blog sia per motivi di impegni personali di questo fine Giugno (e quelli non mancano mai!) ma soprattutto perchè sto facendo alcuni esperimenti per una importante novità della quale vi metterò al corrente non appena possibile!

Quindi, Ratio Ludica non chiude ma si prende una piccola pausa per rinnovarsi.

Ci rivediamo presto!

venerdì 21 maggio 2010

Progetto Zeta: Blood Bowl

Dopo un paio di settimane di acquisti intensivi e di spedizioni arrivate a casa (spesso raccolte dai miei mitici vicini!), ho sostanzialmente completato l'insieme delle mie squadre per Blood Bowl. Ora che mi sono (ri)appassionato a questa mia vecchia fiamma ludica, posso dare inizio al...

Progetto Zeta: Blood Bowl
Priorità: Alta
Stato: Squadre tutte ancora da montare e ripulire.
Obiettivo: Avere due squadre (Elfi Alti ed Elfi Oscuri) completate prima della fine dell'estate. Avere altre due squadre (Nani e Umani) montate e primerizzate prima della fine dell'anno.
Commenti iniziali: Blood Bowl è un mito! La possibilità di avere una squadra pronta con pochi pezzi (ne bastano 11, ma in realtà è meglio farne almeno 12-13, considerando la possibilità di far intervenire delle riserve), l'originalità del tema e la grande varietà di marche differenti ricombinabili tra loro lo rendono un progetto affascinante.
Nota: Questo progetto SOSTITUISCE il Progetto Epsilon (Warhammer - Impero), che viene quindi sospeso.

Procedo ad aggiornare il post della mia pianificazione... a presto le prime foto dei nuovi pezzi!

lunedì 17 maggio 2010

La valigetta magica

Tra i miei compagni di avventura chi vi scrive è piuttosto rinomato per la sua passione per i gadget ludici più assurdi, inutili e tendenzialmente costosi. Un po' come gli appassionati di sigari che si comprano la mini-ghigliottina da tavolo o la più elegante delle custodie in cuoio.

Questa volta, però, ho superato me stesso. E forse una volta tanto ho anche preso un mega-gadget che ha una sua utilità. Di sicuro, grazie a lei la mia sventurata fidanzata avrà la vita più facile in casa.

Sto parlando insomma della (rullo di tamburi...), megavaligetta portacolori e portaaccessori DE-FI-NI-TI-VA!

La valigia in tutto il suo splendore.

Si tratta del modello MT-04 “Extra-Large” (ovviamente...) della spagnola ModelMaq. I nostri amici iberici, oltre all'ottima sangria e alle squisite paellas che periodicamente ci gustiamo nel nostro ristorante spagnolo di Ostia, sono famosi nell'ambiente ludico per l'abilità dei loro pittori. E così la ModelMaq ha pensato bene di dare il proprio contributo alla “scuola spagnola” di miniaturisti creando una serie di valigette che fungono da vero e proprio studio portatile.

Il mio modello in particolare è stato scelto esattamente per questo motivo: creare una stanza di lavoro mobile, togliendo praticamente tutti gli accessori di pronto impiego e i colori dall'armadio della camera da letto. Altre versioni di questa gamma, infatti, sono di lunghezza e altezza più contenute, ma hanno anche una serie di cassettini sotto il piano di lavoro che consentono di trasportare più attrezzi “pesanti” utilizzati per lavori specifici; io però non avevo questa necessità, in quanto raramente dipingo fuori casa e quindi riesco comunque ad “appoggiare” tali attrezzi in altri cassetti, quindi ho preferito puntare sulla maggiore ampiezza del piano di lavoro.

Il piano di lavoro si solleva, rivelando un piccolo compartimento ben suddiviso.

Le dimensioni dell'MT-04 sono 62x45x14 centimetri, certamente un po' “grande” ma relativamente sottile e quindi facilmente riponibile in un vano qualsiasi (da me, dietro la porta d'ingresso).

L'interno della valigetta è totalmente modulare e personalizzabile. L'offerta base comprende una mini-cassettiera e una serie di perni di metallo ai quali è possibile agganciare degli appositi dischi sagomati in base alle dimensioni delle boccette di tutte le marche principali (Citadel, Vallejo, Andrea Miniatures …). Personalmente ho avuto la sfortuna di ordinare una versione sbagliata dei dischi per i miei Game Color della Vallejo (ho preso gli innesti per la versione a "collo sottile" e non per quella a "collo basso"), ma spingendola un po' all'interno la boccetta riesce comunque ad agganciarsi, addirittura con una stabilità maggiore che francamente non mi dispiace.


La zona dei colori. I supporti ruotano per garantire un rapido accesso al colore desiderato.


Completano il tutto due rastrelliere apribili per i pennelli, le lime e gli attrezzi di scultura, una cassettiera verticale per la minuteria e anche un piccolo apparato elettrico di tutto rispetto. Attaccando il trasformatore ad una presa di corrente si potrà infatti utilizzare l'ottima luce neutra montata su di un braccio mobile, oltre a disporre di una comoda presa per utensili elettrici come seghetti a caldo o minitrapani. Infine, il piano di lavoro può essere sollevato, rivelando un microcompartimento utilissimo per tenerci piccoli utensili di pronto impiego come taglierini, bacchette di metallo o guanti protettivi.

Il braccio mobile della lampada si estende, coprendo l'intero piano di lavoro. Notate sulla destra il piccolo trasformatore di colore nero, con l'aggancio per il cavo di alimentazione e una presa di corrente a disposizione per l'impiego di utensili elettrici.

Dopo tutte queste qualità, veniamo ai punti dolenti.

La valigetta è pesante. Non pesantissima, perchè è tutta in plastica e in alluminio, ma a pieno carico la mia pesa poco più di 11 chili: è vero che ci sta dentro un mondo di roba, ma non è di sicuro adatta ad essere portata in giro per troppo tempo (e sospetto che le altre versioni finiscano con il pesare di più, visto che ci si metterà all'interno anche gli utensili di maggiori dimensioni).

La valigia una volta chiusa. Ho incluso una miniatura nella foto per darvi un'idea delle dimensioni della "bestia".

In secondo luogo, il prezzo non è indifferente (a meno che, come il sottoscritto, non riusciate a farvela regalare per il compleanno da una coppia di genitori molto comprensivi...). Considerato che i dischetti portacolori personalizzati vanno scelti e acquistati separatamente, l'investimento finale si aggira intorno ai 150-200 euro, con forti variazioni in base ai diversi modelli della gamma (c'è perfino un modello con cabina d'aerografia e aspiratore incorporati!). E per questa cifra ci si aspetterebbe una plastica di migliore qualità di quella utilizzata, che seppur resistente tradisce inequivocabilmente la lavorazione un po' artigianale del prodotto.

Ad ogni modo, vista dal vivo la valigetta è semplicemente impressionante, frutto di un accuratissimo lavoro di design tecnico unito ad una profonda conoscenza delle necessità del miniaturista. Contiene letteralmente tutto quello che serve e, una volta scelto con attenzione il modello che maggiormente soddisfa le nostre esigenze, fornirà un apporto fondamentale al nostro lavoro di pittura.

Non vedo l'ora di provarla sul campo!

 Il mio Faramir esprime il suo apprezzamento per il nuovo arrivato. (Nota bene: il gatto non è incluso nel modello base)

giovedì 13 maggio 2010

La cantina di un giocatore...

...è uno spazio non newtoniano, in cui se vigessero le normali legge di gravitazione la massa contenuta al suo interno determinerebbe l'implosione del palazzo sovrastante.

In parole più semplici, la mia cantina è piena come un uovo. Non ci sta più nemmeno un dado. Anche se, spostando quella valigia e la stufetta di emergenza per l'inverno, forse...

L'altra sera, per soddisfare la voglia di riprendere in mano il caro vecchio Blood Bowl (l'ultima partita risale ai mondiali degli Stati Uniti... 1994, era la sera di Italia-Nigeria!), mi sono calato in una delle mie periodiche spedizioni speleologiche in cantina alla ricerca della vecchia, storica scatola della seconda edizione. E, una volta aperta, mi sono ritrovato davanti al primissimo manuale di Dungeons and Dragons di proprietà di mio padre e che non sapevamo più dove fosse finito! E per primissimo, intendo proprio dire PRIMO, quello base, in inglese, prima edizione... dovevate vedere quanto gli brillavano gli occhi quando gliel'ho portato!

Oggi Blood Bowl è un living rulebook in continuo aggiornamento e il gioco è molto evoluto dai mega-rissoni a centrocampo delle prime versioni, con tanto di campionati e tornei organizzati in tutto il mondo (e chissà che a qualche campionato, magari dopo l'estate non mi ci iscriva anch'io!). A me rimane la forte emozione per un bellissimo gioco di football fantasy che ho scoperto ormai più di quindici anni fa e che spero di poter rigiocare spesso in futuro.

Anzi, cominciamo già stasera! Si gioca in notturna a casa di Gnotta! I miei elfi oscuri si faranno valere!

giovedì 6 maggio 2010

¡Viva la Republica! (Progetto Gamma: Guerra Civile Spagnola)

Secondo post dedicato ai miei lavori pittorici, questa volta incentrato su di un altro progetto comune con gli amici Zerloon e Gnotta: la Guerra Civile Spagnola, quello che nella mia pianificazione modellistica annuale ho indicato come Progetto Gamma.

La fazione che ho deciso di utilizzare è quella dell'esercito regolare repubblicano e queste sono le prime due squadre che ho dipinto.



La prima squadra

Il metodo di pittura scelto è stato anche questa volta molto semplice (e la maggiore esperienza mi ha anche evitato i vari errori e ripensamenti che avevano tormentato la lavorazione dell'equipaggio della Rosenfalke). Vista la predominanza di tonalità marroncine, ho dato prima una passata di primer marrone della Army Painter, quindi ho steso i colori di base, li ho inchiostrati e quindi li ho “ripresi” ripassando sul velo di inchiostro il colore di partenza nei punti più sopraelevati, con l'unica eccezione delle parti metalliche (elmetti, fucili, ecc.) che sono state evidenziate stendendo un colore più chiaro lungo i bordi.

Per le uniformi sono partito dal Calthan Brown dei colori Foundation, le cinghie sono state dipinte con il sempre utile Bestial Brown, le borse di tela con il Bleached Bone e gli elmetti con il German Grey della Vallejo lumeggiato con il Basalt Grey della stessa Vallejo (so che sembra strano, ma le truppe repubblicane avevano soprattutto elmetti di questo colore... e come vedete anche di modelli diversi all'interno della stessa unità, viste le difficoltà di approvigionamento). Le coperte sono state diupinte con un assortimento di marroni e gialli sabbia. Per il calcio del fucile ho usato il Parasite Brown che, seppure un po' "arancione", mi ha permesso di avere un certo contrasto con l'uniforme, dando un senso di varietà al modello.


La seconda squadra

Su tutti questi colori ho passato l'inchiostro Devlan Mud, tranne che per l'elmetto grigio che ha ricevuto una più leggera velatura di Badab Black.

Facce e braccia sono state invece dipinte con un semplice Elf Flesh, inchiostrato con Ogryn Flesh.

(Tenete conto che, laddove possibile, ho usato le denominazioni delle pitture Citadel, anche se io utilizzo in massima parte gli equivalenti della serie Game Color e qualche Model Color della Vallejo... ma è pura questione di gusti).


Un tenente e un sergente

So che alcuni colori – in primis quello dell'uniforme – non sono proprio precissimi da un po' di vista storico, ma per una volta non volevo impazzire a ricercare il colore perfetto per un gruppo di pezzi che sarebbero comunque stati dipinti con standard da gioco e non da esposizione.

Adesso mancano solo alcuni dettagli come i gradi dei sottufficiali, che dipingerò non appena il buon Gnotta sarà riuscito a reperire un importante testo uniformologico sul periodo (grazie, Fabio! ^__^).

E così, ecco a voi ufficiali, sottufficiali e truppa. A presto per i veicoli, le armi di supporto e la squadra di Guardie d'Assalto!

Il capitano e un altro tenente

giovedì 22 aprile 2010

Io e Warhammer

E' di pochi giorni fa la notizia ufficiale dell'imminente uscita della nuova edizione di Warhammer Fantasy. Per chi non lo conoscesse, IL wargame fantasy per eccellenza, il più diffuso e senz'altro il più amato e odiato regolamento esistente sul mercato. Di sicuro, il meglio supportato da un punto di vista commerciale, grazie alla sterminata (e costosetta...) gamma di miniature prodotta dalla sua casa produttrice, quella Games Workshop di cui già abbiamo avuto modo di parlare in passato.

Ora, Warhammer ha mille pecche, in certi punti è rimasto ancorato ad uno stile di regolamento ormai superato, viene spesso concepito solo per vendere altre miniature privilegiando un esercito a scapito di un altro... ma è Warhammer. Bello, movimentato, in certi momenti fin quasi eccessivamente “epico”.

Per me Warhammer ha il sapore del liceo. Ha il ricordo di una di quelle vagabondate del sabato pomeriggio nelle quali io e i miei amici – ancora con lo zaino di scuola in spalla e impazienti di goderci un finesettimana di libertà – eravamo soliti girare per i principali negozi di musica (loro), per i pochissimi negozi di giochi (io) e per i più forniti negozi di fumetti (tutti quanti). Perchè fu in una di quelle passeggiate al quartiere Prati di Roma che io, alla ricerca di qualcosa di tutto mio diverso dai wargame storici con i quali popolavo le serate di gioco con mio padre, vidi una gigantesca scatola colorata con sopra un reggimento di splendenti picchieri elfici e un'orda di feroci goblin. Ricordo l'eccitazione che mi spinse ad aprirla lì, mentre ero ancora davanti al negozio, attirandomi le occhiate di invidia e di stupore di alcuni ragazzi che come me non si capacitavano dell'enorme mole di miniature, elementi scenici, template di plastica, segnalini e manuali racchiusi in quello scrigno.

Si trattava, poi ho ricostruito, della quartaedizione, più razionale e lineare delle prime caotiche versioni del regolamento ma ben lontana dalle raffinatezze delle edizioni attuali.

Purtroppo tutto quel ben di Dio è andato sprecato. Non ho mai giocato una sola partita di Warhammer. Non che non abbia comprato o dipinto cose (Vi ricordate? Il mio esercito imperiale è il Progetto n. 5 per quest'anno e la mia libreria è piena di supplementi e manuali per almeno altre due edizioni del gioco). E' solo che per mancanza di avversari e anche di un po' di voglia non sono mai andato al di là della visione esterna di qualche partita dimostrativa alle convention o di qualche scontro nell'ambito di un torneo. E così i miei tenaci reggimenti imperiali, le mie potenti macchine da guerra e anche le mie valorose schiere di cavalieri bretonniani sono sempre rimasti a prendere polvere in cantina o ad invecchiare negli armadi.

E devo dire che il tono generale dei prodotti della Games Workshop non mi ha aiutato in questo. Leggere un numero di White Dwarf - la rivista della ditta - significa sottoporsi ad una serie di iperboli apparentemente mirate a solleticare l'immaginazione di un ragazzino di dodici anni particolarmente scemo. Tutti i guerrieri sono “formidabili”, tutte le armi tirano colpi “spietatamente efficaci”, tutti gli incantesimi sono “terribilmente devastanti”, tutte le cariche di cavalleria “non lasceranno scampo alle attonite schiere del nemico”. Eccetera eccetera. Viene da chiedersi che la vera rarità in Warhammer sia un soldato semplice come molti altri che stringe disperatamente la sua picca tra le mani pregando di non finire sbudellato dal primo orchetto che passa.

Insomma, è un'atmosfera piuttosto fastidiosa per un ultratrentenne che chiede solo una diversione ad un gioco fantasy e non una sequela senza fine di dissenterie verbali. E' di guerra che parliamo, non di fuochi d'artificio e l'epicità non la si ottiene urlando ma mantenendo alto il tono della narrazione.

In effetti, anche quando ho scoperto una realtà associativa in cui gli avversari (e anche gli amici) non mi sono più mancati, Warhammer mi ha sempre un po' respinto. La sua massa di regole speciali, di oggetti magici, di truppe con caratteristiche particolari ed eccezioni al regolamento, le sottigliezze della composizione di un esercito (che, se sbagliata, talvolta condanna alla sconfitta prima ancora dell'inizio della partita) e altro ancora me ne hanno tenuto lontano, nonostante l'ambientazione mi piaccia davvero (a chi non piacerebbe un fantasy sostanzialmente ambientato nel Cinquecento, con tanto di armi da fuoco e per l'Impero anche macchine da guerra leonardesche?) e l'idea di combattere una bella battaglia con mostri e incantesimi mi stuzzichi molto.

Il problema non è dovuto a un mio scarso amore per i wargame fantasy. Al contrario, ne ho provati diversi in questi anni e mi sono fatto molto coinvolgere da Guerra dell'Anello della stessa Games Workshop (e vorrei tanto provare a fare qualche scontro per il caro vecchio gioco di schermaglia del Signore degli Anelli).

Insomma, Warhammer rappresenta per me una vecchia sfida mai vinta, un vuoto ancora da colmare e al quale periodicamente mi dedico senza riuscire però a “partire” davvero. Ma nonostante ciò, è un leit motif della mia esperienza ludica che continuo a seguire, pur da lontano.

Quella che è stata appena annunciata è l'ottava edizione. Magari questa volta ci farò un giro.

lunedì 12 aprile 2010

Il potere evocativo del gioco

Di tardo pomeriggio, sulla Piana di Zama, Lelio, comandante in seconda dell'esercito di Scipione l'Africano, conduce la sua cavalleria in una disperata carica contro le linee della fanteria nemica. La carica riesce, ma il drappello dell'ufficiale viene isolato e distrutto. Ma Lelio, dando prova del suo valore di comandante romano, non si dà per vinto e, dopo essersi rifugiatosi temporaneamente presso le fila di un distaccamento di alleati italici, si riunisce ad un altra schiera di cavalieri. Punta diritto contro un nutrito gruppo di guerrieri gallici, armati pesantemente e lanciati in una feroce carica contro le linee romane... la ragione e il buon senso sconsiglierebbero una tale azione, ma Lelio da vero coraggioso si frappone all'avanzata nemica per salvare il fianco dei legionari rimasto esposto. E contro ogni aspettativa vince, fermando l'attacco barbarico.

Poche settimane dopo, sulla piana di Gaugamela, il giovane Alessandro il Macedone affronta un gigantesco esercito persiano con le sue ancora imbattute falangi di picchieri e i suoi fedeli compagni cavalieri. La cavalleria leggera nemica tenta un aggiramento, Alessandro fiuta il pericolo e si lancia alla carica... troppo pochi i suoi uomini, il giovane comandante è ferito e cade da cavallo. All'orizzonte, un altro drappello di  cavalieri vede il tutto e accorre per vendicare il proprio sovrano. Moriranno tutti con valore, ma il loro sacrificio non sarà vano: al centro della battaglia l'imperatore persiano Dario ha guidato una carica contro le foreste di picche e lance greche, ed è stato ucciso: l'azione dei cavalieri macedoni ha dato tempo alle lenti formazioni di fanteria pesante di raggiungere il nemico che, con la morte del suo imperatore, perde la volontà di combattere e si dà alla fuga.

Tutto questo in un paio d'ore per battaglia, nel salotto di casa mia. Tutto questo grazie ad un wargame (nel caso, l'ottimo Commands and Colors: Ancients, ma il discorso vale per qualsiasi gioco ben realizzato), tutto questo aggiungendo ai dadi e alle pedine un po' di immaginazione.

Non c'è molto da dire. Quando un gioco è bello spesso evoca delle belle immagini, delle scene cinematografiche di cui noi stessi siamo i registi. Vedremo le nostre cariche gloriose e onoreremo i nostri reggimenti più valorosi, esulteremo quando la nostra strategia di gara basata su di un solo pitstop ci porterà alla vittoria del Gran Premio, ci dispereremo quando una tempesta improvvisa avrà fatto naufragare le navi che trasportavano le nostre mercanzie da rivendere...

E questo, se siamo stati fortunati e abbiamo scelto bene i nostri avversari, in compagnia dei nostri amici (grandi Zerloon e Rothmoni!) o anche delle persone che amiamo (cara Benedetta, lei e la sua mania di scegliere sempre di impersonare Gaius Baltar in Battlestar Galactica... senza mai ritrovarsi ad essere un cylone!!!), condividendo il divertimento con loro.

Non so, forse sono io, ma questo potere di proiezione delle nostre immagini, catalizzato da qualche blocchetto di legno e da un paio di dadi mi è sempre sembrato qualcosa di incredibilmente bello.

Mi piace e per questo continuo a farlo.

martedì 6 aprile 2010

Il senso ludico interno: il tempo

Ovvero, come unire la passione per il gioco con quei pochi e confusi ricordi liceali della filosofia kantiana. In altre parole, una risposta un po' scherzosa e paradossale ad un interrogativo più curioso che realmente utile: in che modo lo spazio e il tempo, le due forze nelle quali noi ci muoviamo nella nostra attività intellettuale (e quindi, per estensione, anche nella nostra attività ludica intesa come forma di espressione delle nostre capacità intellettive), influiscono sul gioco e sul giocare.



Cominciamo dal tempo, la forma del senso interno per il nostro caro Kant: quanto la durata di una partita influisce sul gioco e quanto essa può venir presa come metro di misurazione di un determinato titolo ludico?

Il tempo è limitato, per tutti noi. Sia che siamo degli universitari perditempo che degli impiegati alla disperata ricerca di un'oretta libera, sia che siamo dei single impenitenti che degli uomini o delle donne di famiglia con mille preoccupazioni a cui badare, il passare dei minuti e delle ore è per noi un qualcosa di inesorabile. Piacerebbe a tutti poter dedicare una quantità infinita di tempo alla nostra attività preferita – non a caso detta anche “passatempo” – ma questo non ci è concesso. E quindi non possiamo permettere che un gioco, seppur bello ed affascinante, ci costringa a dedicarci ad esso per giornate intere, tralasciando quelli che sono i nostri pur più noiosi doveri.

Eppure, vi è chi accetta partite dalla durata indefinita (conosco wargamer più che felici di affrontare regolamenti a “tempo reale”... un eufemismo per definire simulazioni della battaglia di Austerlitz che durano esattamente quanto durò la battaglia reale: “solo” una decina di ore di gioco e passa la paura...), mentre altri si “stufano” già dopo un'ora passata davanti allo stesso tabellone.

Personalmente il mio senso del tempo ludico varia molto, in base al titolo che ho di fronte e – lo ammetto – anche a seconda del mio umore di quella giornata. Ho giocato volentieri per ore a titoli appartenenti a generi che non amo troppo, e allo stesso tempo ho “rigettato” wargames che già dopo venti minuti mi avevano letteralmente nauseato...

Ora, non fatemi fare la fine del Prichard in quella meravigliosa scena di quell'altrettanto meraviglioso film che è L'attimo fuggente, ma credo che – prendendo a prestito una definizione della fisica e muovendosi con tutte le cautele del caso – sia possibile individuare un metodo di valutazione dell'“intensità” di un certo gioco: l'intensità ludica è pari al livello di soddisfazione e divertimento che un determinato gioco è in grado di darci, rapportato alla durata media di una partita.

Per comprenderci, sono più che disposto ad accettare le due-tre ore di uno scontro a Tide of Iron visto quanto mi piace questo titolo, mentre non sopporto nemmeno dieci minuti di Wreckage visto il moto di ribrezzo che mi prende ogni volta che solo penso a quell'immonda schifezza.

L'intensità deve essere costante e rimanere sempre ad un certo livello: se un gioco mi dà una soddisfazione, diciamo, di quattro a fronte di una durata di due (con intensità ludica pari a due), un gioco che duri quattro dovrà almeno darmi una soddisfazione di otto per mantenere l'intensità a due (otto diviso quattro fa per l'appunto due)... se invece continuasse a darmi solo “quattro” mi piacerebbe di meno (quattro di soddisfazione diviso quattro di durata fa solo uno di intensità). Una girandola di numeri per dire più semplicemente: perchè lo consideri alla pari, un gioco più lungo mi deve divertire complessivamente almeno il doppio di un altro più breve che duri la metà. E' ciò che mi rende un fan sfegatato dei titoli alla Commands and Colors, pur sapendo che i ben più complessi titoli della serie Great Battles of History sono storicamente molto più plausibili.

Se adottiamo questa classificazione potremo comprendere se un determinato gioco vale la pena di essere giocato o no, considerando quanto poco tempo possiamo dedicare ad una delle più nobili occupazioni della nostra mente.

martedì 30 marzo 2010

Dizionario ludico: Il gioco di trattativa

Ci sono giochi in cui dovete gestire una mano di carte. In cui dovete gestire le risorse economiche del vostro Paese. In cui dovete gestire gli spostamenti delle vostre truppe. In cui dovete gestire le capacità e le problematiche del vostro personaggio. In cui dovete gestire la produzione del vostro campo coltivato.

E poi ci sono giochi in cui dovete gestire gli altri giocatori.

Questi giochi vanno sotto il nome di giochi diplomatici o, più genericamente, "giochi di trattativa".

Facciamo un esempio. Europa, 1914. Noi siamo il Kaiser tedesco.

Wargame classico: La guerra è già scoppiata. Provo a sfondare subito sul fronte occidentale inviando lì il grosso delle mie forze? Oppure approfitto della debolezza del gigante russo e sposto ad est la mia attenzione? E reggeranno le forze del mio debole alleato austriaco? Meglio tenere da parte un paio di divisioni per affrontare una possibile crisi sul fronte italiano.

Gioco di trattativa: Chi ha mai detto che la guerra - sempre che scoppi - debba coinvolgere tutta l'Europa? Io voglio assicurare una presenza tedesca nei Balcani. Benone. Teniamoci buoni i francesi e trattiamo con i russi, garantendogli il via libera per un loro attacco in Turchia e magari spingendo gli austriaci ad espandersi ai danni degli italiani. Se sono bravo entro un paio di turni avrò una bella alleanza russo-tedesca e una benevola neutralità con Francia e Austria... e così potrò fare i conti con i miei veri nemici, quei maledetti inglesi!

Quello che vi ho appena descritto è un tipico ragionamento da giocatore di Diplomacy, il meraviglioso titolo della Avalon Hill, sulla breccia dal 1959 e insuperabile nel suo genere. Un genere in cui nessuno può vincere da solo e in cui tutti per raggiungere i loro obiettivi sono costretti a trattare con gli altri. A trattare o a tradire...

Il nucleo del gioco di trattativa è dunque questo: parlare con gli altri giocatori, convincerli, escogitare strategie perverse e machiavelli di indescrivibile complessità, concedere ciò che ancora non si ha (e magari non si avrà mai...) per ottenere subito ciò che si vuole... Niente o quasi confronti diretti: tutto si basa sugli accordi tra i giocatori e sulle reciproche capacità di persuasione.

Naturalmente le ambientazioni possibili sono le più svariate e di scelte in questo genere ne esistono moltissime (dalle innumerevoli varianti del Diplomacy, al fantascientifico Dune o ancora al fantasy Il Trono di Spade). Caratteristiche comuni sono il ridotto influsso dell'elemento fortuna anche per la risoluzione delle inevitabili battaglie (se ho passato un'ora a costruire una certa manovra di sicuro non vorrò che essa venga vanificata da un tiro di dado sfortunato!), la presenza all'inizio di ogni turno di una fase dedicata alle conversazioni tra i giocatori, la pianificazione simultanea e segreta delle mosse (fondamentale per la riuscita di un tradimento come si deve!) e l'impiego di un certo numero di meccanismi correttivi della trattativa pura (in questo Diplomacy risulta il più meccanico con le battaglie che vengono risolte unicamente in base al numero di unità coinvolte, mentre altri titoli permettono ai giocatori di fornire qualche vantaggio specifico alle proprie truppe che vada al di là delle forze direttamente presenti in campo o anche dei più elaborati elementi gestionali delle proprie risorse).

Di svantaggi, ovviamente, ce ne sono. Prima di tutto la durata, perchè se come da convenzione si concede un quarto d'ora a turno per le trattative è facile comprendere come una partita si trasformi spesso in una sorta di evento che può durare anche una giornata intera. In secondo luogo il mal di testa che a metà della partita colpisce i giocatori, quando si deve tenere conto della miriade di intrecci e di ragnatele che noi stessi abbiamo creato e che dobbiamo rispettare, se non vogliamo mandare all'aria il nostro bel castello diplomatico.

Il gioco di trattativa, dunque, è una strana bestia: può non piacervi per nulla (conosco persone che dopo una sola partita a Diplomacy hanno giurato che mai più ci si avvicineranno e che hanno mantenuto la loro promessa) oppure diventare un'esperienza incredibilmente appagante (soprattutto se, come me, avete la passione per gli intrighi e le sottigliezze della politica).

Un'esperienza che però consiglio ad ogni giocatore, un mondo a cui avvicinarsi magari accompagnato da qualcuno di più esperto e soprattutto senza prendersela se si viene traditi dal proprio migliore amico.

Perchè in questo genere di giochi siamo tutti bravi e onesti... finchè ci conviene.

lunedì 15 marzo 2010

Di ritorno

Eccoci qui, tornati a casa da quel di Modena!

Play è stata una convention magnifica, una vera occasione di incontro e soprattutto di gioco.

E se i dati relativi all'affluenza (indicativamente 18.000 persone) sono davvero buoni, il lavoro che abbiamo fatto nell'ambito del progetto Gioconomicon è stato davvero notevole. E' stato un lavoro di squadra faticoso, talvolta ingrato e decisamente intenso... ma la nostra presenza si è sentita e siamo riusciti a garantire una copertura informativa e mediatica di prim'ordine.

Adesso, stanchi ma soddisfatti, tiriamo il fiato. Per qualche giorno entro in una mini-pausa sabbatica ludica, durante la quale ricaricherò le batterie, lascerò da parte dadi e pennelli e mi concentrerò su alcune urgenze della vita di tutti i giorni, pronto a tornare a riempire i vostri schermi dei miei sproloqui su giochi e affini!

Nell'attesa, godetevi pure le immagini della galleria fotografica di Gioconomicon (alla quale ho dato un buon contributo con la mia inseparabile Canon! :) ).

A presto!

venerdì 12 marzo 2010

Breve pausa

Comunicazione di servizio!

Il sottoscritto sarà per tutto il prossimo finesettimana alla convention Play di Modena, intento a scattare foto e contribuire al coverage della manifestazione da parte di Gioconomicon.

Quindi, ci risentiremo e ci rileggeremo su queste pagine al mio ritorno!

giovedì 11 marzo 2010

I miei progetti

Prendendo esempio da Zerloon, ho deciso di riorganizzare un po' i miei lavori ludico-modellistici in una serie di progetti, dei quali peraltro - che vi piaccia o meno! - vi darò conto su questo mio blog. Nella speranza che questo sia uno sprone per me per portarli a compimento senza distrarmi con altri acquisti inutili!

Ecco qui i miei progetti attualmente in corso (nota bene: questo post verrà periodicamente aggiornato, considerando l'avanzamento progressivo dei progetti stessi):

Progetto Alpha: Guerra dell'Anello - Regni Caduti
Priorità: Massima.
Stato: Buona parte dei pezzi montati (mancano solo un paio di carri e un po' di cavalleria pesante), ma tutti da reimbasettare sulle basette magnetiche GF9. Nulla è stato ancora dipinto.
Obiettivo: Avere un esercito da 1.500 punti imbasettato e dipinto prima della fine dell'anno.
Commenti iniziali: E' il mio progetto principale. Punto. E per di più sono pure indietro! Devo evitare di accumulare altro lavoro che mi distolga da questo, e non sarà un compito facile anche perchè le miniature da fare - pur se in maniera rapida - sono davvero tante.

Progetto Beta: Guerra dell'Anello - Reami Elfici o Regno di Rohan
Priorità: Medio-Bassa
Stato: Ancora nulla di montato.
Obiettivo: Avere un esercito da 1.500 punti montato prima della fine dell'anno.
Commenti iniziali: Questo esercito vedrà la luce tra un bel po', sia perchè ancora non ho deciso quale deve essere sia perchè lo devo cominciare da zero. Se scegliessi Rohan avrei già buona parte dei pezzi, mentre per gli Elfi dovrei comprare qualcosa delle nuove scatole che sono davvero notevoli.

Progetto Gamma: Guerra Civile Spagnola
Priorità: Alta.
Stato: Due squadre completate. Le prossime sessioni saranno: armi d'appoggio, guardie d'assalto e personaggi speciali, veicoli (blindato "Dona Maria" e carro armato "Don Pepe".
Obiettivo: Riuscire ad avere pronte due-tre squadre con relative armi d'appoggio ed almeno un veicolo entro l'inizio dell'estate.
Commenti iniziali: E' il progetto al quale mi sto dedicando in questi giorni, come avrete visto sui blog di Zerloon e di Gnotta. Fortunatamente il numero di miniature da dipingere è molto ridotto e le ho quasi tutte (mi mancano solo delle armi d'appoggio e un veicolo corazzato). Spero che la semplicità dei colori da dare mi permetta di completarlo con rapidità per tornare a dedicarmi agli altri progetti... lo saprò a breve, visto che sto finendo di preparare il primo blocco di soldati!

Progetto Delta: Legends of the High Seas
Priorità: Media
Stato: Equipaggio completato. Nave da completare (mancano le alberature, gli armamenti e il timone), anche se ha già ricevuto una prima passata di colori di base.
Obiettivo: Riuscire a completare la nave prima della fine dell'estate.
Commenti iniziali: Della mia adorata Rosenfalke forse avrete già sentito parlare su queste pagine e di sicuro avete fatto conoscenza con il suo equipaggio. Non mi ci dovrebbe voler molto per terminarlo: prevedo un paio di sessioni di lavoro per terminare la pitturazione della nave e un altro paio per finire di armarla. E' un progetto che porterò avanti nelle serate libere.

Progetto Epsilon: Warhammer - Impero [PROGETTO SOSPESO]
Priorità: Bassa
Stato: Alcune unità già montate (compreso il mitico Carro a Vapore!), ma comunque da reimbasettare sulle basette magnetiche GF9.
Obiettivo: Avere un esercito da 1.500 punti montato prima della fine dell'anno.
Commenti iniziali: Per fortuna avevo già un bel po' di pezzi da parte e ho comprato relativamente poco, perchè questo progetto al quale comunque tengo sta finendo inevitabilmente in secondo piano. Spero quantomeno di finire la fase di assemblaggio, perchè il look della soldataglia imperiale mi piace da morire!



Progetto Zeta: Blood Bowl [NUOVO PROGETTO]
Priorità: Alta
Stato: Squadre tutte ancora da montare e ripulire
Obiettivo: Avere due squadre (Elfi Alti ed Elfi Oscuri) completate prima della fine dell'estate. Avere altre due squadre (Nani e Umani) montate e primerizzate prima della fine dell'anno
Commenti iniziali: Blood Bowl è un mito! La possibilità di avere una squadra pronta con pochi pezzi (ne bastano 11, ma in realtà è meglio farne almeno 12-13, considerando la possibilità di far intervenire delle riserve), l'originalità del tema e la grande varietà di marche differenti ricombinabili tra loro lo rendono un progetto affascinante.
Nota: Questo progetto SOSTITUISCE il Progetto Epsilon (Warhammer - Impero), che viene quindi sospeso.



Progetto Omega: Matrimonio
Priorità: Suprema (ho la mia Lei che mi guata da dietro le spalle...)
Stato: PANICO!!! DOBBIAMO FARE TUTTO!!!
Obiettivo: Arrivare vivi a metà settembre e poi godersi il viaggio di nozze in Scozia (compreso il negozio Games Workshop di Edimburgo... *grin*)
Commenti iniziali (e finali): Aiuto...

Per carità di patria, tralascio di parlare in questa sede della miriade di altri progetti (napoleonico, seconda guerra mondiale, antichità, fantasy) ai quali potrei dare inizio e i cui pezzi invece stanno a prendere polvere giù in cantina... Spero davvero che concentrarmi solo su alcune "linee" di produzione mi permetta di raggiungere almeno parte degli obiettivi prefissati!

Solo il futuro potrà dirlo...

venerdì 5 marzo 2010

Il wargame storico non esiste

Questo post è dettato dalla cara, vecchia acrimonia. Un fastidio verso un atteggiamento di molti – certamente non di tutti e fortunatamente sempre di meno – appassionati del wargame storico nei confronti dei wargamers del fantastico e della fantascienza.

L'accusa è sempre la stessa: solo la simulazione storica è vera simulazione, rappresentazione di una realtà bellica concreta e vero confronto di strategie tra i contendenti. Tutto il resto è noia, ovvero solo grandi botti tra astronavi che si muovono in barba a tutte le leggi fisiche, puerili scontri di incantesimi tra maghi da strapazzo, scopiazzature di vere battaglie con contorno di draghi e mostri assortiti.

Da bravo appassionato sia di wargame fantastico che di wargame storico, mi sovviene alla mente l'immortale esclamazione del comandante delle truppe della 101ª Aviotrasportata americana strette d'assedio a Bastogne quando il suo parigrado tedesco gli offrì una resa onorevole: Nuts! (Termine che non vi ritraduco in italiano perchè voglio mantenere questo blog nei limiti della decenza)

Avrei mille motivazioni a sostegno di questa mia opionione, ma mi limiterò a citare qui quella che ritengo la più importante: potrà sembrarvi incredibile, ma il wargame storico non esiste.

Non come lo intendono certi appassionati, almeno.

Non esiste nel senso che il termine “storico” fa a cazzotti con il termine “gioco”. Caratteristica principale di quest'ultimo è infatti la libertà del giocatore di fare le proprie scelte all'interno di un sistema di regole rispettato da tutti i partecipanti (ancora una volta, Huizinga docet). Pur mettendo da parte il fatto che nella realtà storica le regole della guerra non sono mai o quasi mai state rispettate in pieno da tutti i soggetti coinvolti, una simulazione storica che voglia realmente ricostruire un determinato evento bellico dovrebbe fare due cose: primo, mettere i partecipanti nelle stesse esatte condizioni dei veri comandanti; secondo, ricostruire pedissequamente ciò che è accaduto in quella determinata giornata.

Per quel che riguarda il primo punto, è abbastanza ovvio che nessun sistema di gioco può ricreare il fango, il fumo, la confusione, il caos, i problemi gestionali di una battaglia; è una triste realtà che alcuni game designer sono finalmente giunti ad accettare creando sistemi più semplici, ma anche più “eleganti” ed innovativi. Un'onestà intellettuale che alle volte fa difetto agli stessi giocatori.

Per il secondo, mi dite che divertimento c'è ad ordinare per l'ennesima volta la sfortunata carica di Pickett a Gettysburg se sappiamo fin dall'inizio come andrà a finire? E se vogliamo cedere a questo mito della “verosimiglianza” storica non potremo mai accettare la possibilità che quei valorosi reggimenti sudisti riescano a mandare in rotta gli altrettanto valorosi reggimenti nordisti, bollando come “antistorico” e “irrealistico” qualsiasi sistema che anche solo in teoria permetta al nostro assalto di riuscire.

La realtà è che anche il wargame storico funziona in base alla plausibilità. Quanto è plausibile che una data unità riesca a sfondare il fianco di un certo schieramento se supportata da un determinato bombardamento preliminare? Accettare questo significa accettare il fatto che anche il wargame fantastico segue una propria plausibilità, anche se fondata non su fattori reali, bensì immaginari (e spesso “ricalcati” su quelli di battaglie realmente combattute).

Allo stesso modo, però, gli appassionati di battaglie fantastiche non devono cadere nella trappola opposta, ritenendo che il giocatore storico si limiti a ricreare senza troppa fantasia eventi già accaduti e quindi non modificabili. Al contrario, ogni partita di wargame è una storia a sé e il piacere che traiamo da questo nostro hobby ci viene dagli eventi improvvisi sul campo, dagli atti di valore oltre ogni aspettativa delle nostre truppe, dalla possibilità di sovvertire la storia e qualsiasi previsione realistica.

In questo sta l'imprescindibile elemento fantastico del wargame storico, il “sale” che ce lo rende così interessante: su di un tavolo da gioco il Maresciallo Ney può spezzare i quadrati inglesi a Waterloo. Meglio ancora, noi alla guida delle nostre invincibili divisioni di corazzieri possiamo insegnare a quei maledetti Anglais cosa significa sfidare le gloriose armate dell'Empereur!

mercoledì 3 marzo 2010

Doppia comunicazione di servizio

La prima, il solito momento di autopromozione familiare: è uscito il numero 27 di Dungeon Master Magazine, la rivista online dedicata al mondo dei giochi nella quale troverete l'ultimo articolo scritto da mio padre sulla storia della mitica rivista Pergioco. In questo numero potrete leggere dell'ultimo periodo di vita della rivista, delle cause che l'hanno portata alla sua fine all'inizio degli anni '80 e anche di una speranza che un giorno in edicola si torni a poter leggere di giochi. Consigliatissimo per chi vuole conoscere le storie dei primi "pionieri ludici" italiani e, per certi versi, istruttivo anche per i nuovi giocatori di oggi.
La seconda, posso qui annunciarvi ufficialmente le date della nuova Giocaroma, la convention ludica della capitale fatta dai giocatori per i giocatori! Ci vedremo tutti l'11 e 12 settembre alla Polisportiva Tellene, a Roma in zona Spinaceto. Non mancate!

venerdì 26 febbraio 2010

I giochi sottolio

Qualche anno fa, trovandomi al Palazzo delle Esposizioni di Roma per vedere una bellissima mostra sul futurismo, mi sono imbattuto in una mini-mostra di alcuni artisti contemporanei. Ora, ammetto di non essere un grande estimatore dell'arte più recente, ma un'opera in particolare mi ha colpito: i “libri sottolio”, una serie di volumi dei generi più disparati ben chiusi in barattoli ermetici e mai letti. Nella nostra vita, insomma, ci troviamo spesso ad acquistare libri che – vuoi per pigrizia, vuoi per mancanza di tempo, vuoi anche perchè sono stati comprati solo per fare un po' “bella figura” – finiamo con il non leggere mai.

Certo, quei poveri libri in barattolo erano una denuncia contro l'atteggiamento un po' ipocrita di chi vuole darsi arie da intellettuale solo dando sfoggio della propria supposta cultura, ma anche i giocatori cadono vittima di questa trappola, pur se in perfetta buona fede. Al di là di coloro (e ce ne sono...) che si limitano a collezionare scatole su scatole di giochi senza avere fin dall'inizio la minima intenzioni di aprirle, chi di noi non si è infatti trovato con dei “cadaveri ludici” nel proprio armadio?

Ogni gioco può finire sottolio. Non importa con quanto entusiasmo abbiate atteso la sua uscita, non importa se si tratta del gioco più semplice e rapido o del classico mastodonte che richiede almeno un'ora di preparazione per iniziare una partita, non importa se richiede delle condizioni particolari per essere giocato (un certo numero di giocatori, una certa disposizione mentale, una certa congiunzione astrale...) o se addirittura funziona anche in solitario. Nessun titolo è al sicuro e anche i giochi che adesso aprite quasi ogni settimana un domani potrebbero perdere il vostro interesse ed essere “superati” dall'ultima novità.

E allora eccole quelle scatole, alcune consunte altre nuovissime, ferme a prendere polvere sui vostri scaffali e relegate al rango di colorati (e costosi) soprammobili.

Chi vi scrive ne ha diversi in salotto, soprattutto titoli di generi “difficili”, come i wargames dedicati ai periodi storici meno conosciuti o le vecchie glorie che ritengo essere dei titoli stupendi ma che sono note a una decina di persone o poco più (nessuna delle quali vive in questo continente...). Ogni tanto mi capita di guardarli e vengo colto da un vago senso di rimpianto... non tanto per i soldi spesi nel loro acquisto (tanto ormai...) ma per la mancata soddisfazione ludica che non potranno mai darmi.

E allora mi scopro a riaprirli, a toglierli dai loro “barattoli”, a leggerne nuovamente il regolamento e magari anche a prepararli per una partita che non verrà mai giocata.

Ecco così che il gioco trascende dalla sua funzione, riuscendo a darci un divertimento pur non essendo realmente giocato. E' il gioco dei giochi, un'attività ludica mentale che prescinde da una concreta attività ludica fisica e che ci porta a fantasticare su quella che potrebbe essere una partita perfetta ad un gioco perfetto con avversari perfetti.

Può sembrarvi paradossale, ma a volte i giochi migliori sono proprio quelli che non vengono mai giocati.

mercoledì 17 febbraio 2010

Apologia pro Beatrice Boero

Ok, il titolo è un po' provocatorio, ma che volete farci... il mio ascendente scorpione e il mio snobismo di fondo mi spingono inevitabilmente a rompere le scatole e a fare il bastian contrario. Soprattutto, visto il rumore che la questione sta suscitando nel mondo ludico italiano, mi impongono di dire la mia.

La questione inizia qui, da questo articolo del Tempo (che vi prego di leggere, se già non lo avete fatto).

I giochi di ruolo dal vivo assimilati alle risse tra tifosi da stadio. L'attività ludica vista come una sottospecie di satanismo. La figura del master paragonata ad una sorta di arbitro/carabiniere che deve placare i “bassi istinti”. Le armi in lattice considerate come strumenti di offesi atti a provocare ferite, addirittura mortali, nei partecipanti ai live.

Eppure, la stessa giornalista Beatrice Boero - che ora si è tirata addosso l'ira e i peggiori improperi da parte di tutti i giocatori italiani - qualche tempo fa aveva scritto quest'altro articolo in cui parlava in termini tutt'altro che negativi dei giochi e di chi li praticava.

Ma cosa è successo nel frattempo? Cosa le ha fatto cambiare idea, spostandola su posizioni analoghe ai peggiori denigratori della nostra passione?

Se esaminiamo l'articolo placando per un attimo la nostra indignazione, ci rendiamo conto che le peggiori scempiaggini (perchè tali sono) che la Boero ci rifila provengono dall'intervista a due giocatori, Morgana e Franco. Sono loro a suffragare dalla loro posizione di esperti intervistati le accuse fatte al gioco di ruolo dal vivo ed assimilabili nella sostanza a quello del gioco in generale.

Ed è proprio questo che alla fine mi ha spinto a pensare che sì, l'articolo è scritto male, porta avanti dei pregiudizi sbagliati, è inesatto, è odioso... ma che la colpa non è proprio tutta della giornalista, la quale in fondo altro non fa se il suo lavoro (magari un po' male, ma non si può pretendere una preparazione enciclopedica da un'articolista di cronaca bianca chiamata ad occuparsi ogni giorno delle materie più disparate).

Perchè delle due l'una.

O la Boero ha stagliuzzato e riaggiustato le dichiazioni dei due giocatori, e allora i due intervistati dovevano rendersi conto della persona con cui avevano a che fare e stare più attenti a quello che dicevano; oppure le loro risposte sono state rese in maniera veritiera, e allora ci troviamo di fronte ad un caso di rara ingenuità e soprattutto di imperdonabile superficialità (soprattutto da parte di chi partecipa ad un gioco che si chiama In Nomine Satanis... andiamo, non vi viene il sospetto che un'ambientazione con questo titolo possa essere travisata? Non è il caso di tenersi pronti a rispondere a tono ad eventuali domande insidiose?).

Certo, vi è anche una terza ipotesi, ossia che la Boero abbia inventato tutto di sana pianta, interviste comprese, per portare avanti la sua crociata contro i giochi di ruolo dal vivo violenti ed immorali. Però il mio caro amico Ockham e il suo infallibile rasoio mi porterebbero ad escludere tale ipotesi per tre ragioni: primo, una giornalista regolarmente iscritta all'Albo di Roma rischia uno screditamento professionale mica da poco a fare un giochetto del genere; secondo, le risposte paiono molto dettagliate (citano precise somme di denaro e aspetti poco noti a dei “profani”); terzo, alla Boero costava molta meno fatica trovare un paio di giocatori e chiedergli di parlare delle loro attività, piuttosto che inventarsi chissà quali particolari su di un argomento del quale sa poco o nulla.

E dunque qui sta la nostra colpa come giocatori. Quasi un anno fa vi parlai sempre da questo blog della deprecabile tendenza dei giocatori a sentirsi superiori rispetto ai “non giocatori” finendo col creare una ghettizzazione volontaria; ora non posso non lamentare un'altra pessima abitudine, quella della superficialità e dell'improvvisazione.

Noi tutti dobbiamo svegliarci e prendere coscienza che il gioco organizzato - soprattutto quello a maggiore evidenza esterna, come il gioco di ruolo dal vivo - non è più un semplice passatempo per pochi eletti, ma un fenomeno sociale con conseguenze economiche non indifferenti e ormai sotto i riflettori dei media. Non dico che sia necessario un ufficio stampa per ogni singola associazione ludica, ma di sicuro è opportuno che tutto il mondo ludico acquisti questa consapevolezza condivisa: basta ingenuità, siamo persone adulte che praticano uno sport della mente e pertanto le nostre associazioni devono dotarsi di una “professionalità ludica” irreprensibile.

Negli anni scorsi ho sempre avuto la fortuna di far parte di associazioni che adottavano tale approccio, fin dai tempi delle bellissime serate passate ad impersonare in un gioco di ruolo dal vivo un cadetto dell'Accademia della Flotta Stellare per arrivare alla pur faticosa ma sempre esaltante organizzazione dei vari Giocaroma.

La Boero ha certo scritto un pessimo articolo, la foto presente sul sito è stata presa "senza autorizzazione" da un sito scelto a caso (anche se, va detto, non è mai l'autore dell'articolo a scegliere le immagini a corredo), Il Tempo si è indubbiamente comportato in maniera scorretta disabilitando d'autorità i commenti all'articolo stesso e quindi negando il diritto di replica agli interessati (pur se lodevole è stata la pubblicazione oggi di una delle tante lettere inviate alla redazione dalle associazioni ludiche giustamente sul piede di guerra)... però la nostra indignazione – secondo il modesto parere di chi scrive – deve essere indirizzata tanto agli autori di un così rozzo e violento attacco, quanto a quegli appassionati che ancora non si sono resi conto che il gioco è una delle attività più serie a cui possa dedicarsi un essere umano e che non tutto ciò che lo riguarda può essere improvvisato o raffazzonato.

E forse l'unico lato positivo dell'intera vicenda sarà proprio quello di una maggiore coesione tra le diverse realtà ludiche, nata alla luce dell'esigenza di dare una risposta comune e ragionata alla solita valanga di banalità dalla quale siamo stati ricoperti.

lunedì 15 febbraio 2010

Viva i castelli di sabbia!

Il termine è sandbox, letteralmente “scatolone di sabbia”, ossia uno spazio recintato riempito di sabbia che va per la maggiore nei parchi per bambini americani (nelle puntate dei Simpson lo si vede spesso!) e nel quale si possono creare piste per le biglie, costruzioni e quant'altro. Noi figli della cultura marittima mediterranea potremmo accostarlo ai “castelli di sabbia” con i quali mediante secchiello e paletta intere generazioni hanno ornato le spiagge di tutta la penisola.

In ambito ludico, il concetto è semplice: un sandbox non è un gioco definito, limitato da regole applicabili solo in uno specifico sistema. Un sandbox è un gioco che fissa solo dei “paletti” molto ampi, all'interno dei quali il giocatore si muove pressochè liberamente per ricreare un “ambiente” che assecondi i suoi gusti.

Tanto per capirci, parlando di videogiochi, la serie di Sim City è fin dalla sua primissima incarnazione l'esempio più classico di sandbox. Usando le meccaniche di base fornite dal programma si può creare la città che si vuole, bella o brutta, industriale o ecologica, commerciale o residenziale. Il gioco si preoccupa unicamente di mantenere una plausibilità alle attività del giocatore (indipendentemente da quello che le sta intorno, una centrale a gas produrrà sempre un certo quantitativo di inquinamento, che bisognerà compensare in qualche modo), una coerenza interna che andrà rispettata... ma nel modo e con gli strumenti liberamente scelti dal giocatore.

In altri termini, un sandbox è un gioco che ti permette sostanzialmente di fare quello che vuoi, esprimendoti liberamente e creando il tuo mondo senza dover necessariamente apportare delle varianti esplicite alle regole.

Anche nel campo dei giochi da tavolo e dei wargames esistono i sandbox. Possiamo citare ancora una volta Commands and Colors: Ancients che fornisce delle unità generiche ed una mappa ad esagoni mobili da ricombinare di volta in volta per ricreare le più svariate battaglie dell'antichità o perfino battaglie ipotetiche. Possiamo ricordare un sistema di skirmish da me molto apprezzato, quello dell'italianissimo Song of Blade and Heroes (su Gioconomicon troverete la mia recensione dell'ultimo arrivato nella serie: il moderno Flying Lead), sul cui impianto di base si possono innestare regole aggiuntive che modifichino sostanzialmente lo svolgimento della partita in base alla situazione che si vuole simulare.

Naturalmente – con tutte le sue promesse di libertà creativa – non dobbiamo pensare che il sandbox sia un modello ideale a cui tutti i giochi devono tendere. Un sandbox rischia di sembrare eccessivamente generico nelle sue regole, per forza di cose perde alcune sottigliezze tipiche dei giochi più specializzati, alle volte sembra “piatto” a causa delle numerose semplificazioni che deve fare per creare delle regole adattabili un po' a tutto.

Insomma, creare un buon sandbox è un'impresa molto difficile per un game designer. Ma i pochi che sono riusciti a farlo hanno generalmente ottenuto dei risultati ottimi, dei veri cult del panorama ludico.

Un po' come i nostri cari castelli di sabbia, un gioco che si ripete da secoli sulle coste di tutti i mari.

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