lunedì 15 febbraio 2010

Viva i castelli di sabbia!

Il termine è sandbox, letteralmente “scatolone di sabbia”, ossia uno spazio recintato riempito di sabbia che va per la maggiore nei parchi per bambini americani (nelle puntate dei Simpson lo si vede spesso!) e nel quale si possono creare piste per le biglie, costruzioni e quant'altro. Noi figli della cultura marittima mediterranea potremmo accostarlo ai “castelli di sabbia” con i quali mediante secchiello e paletta intere generazioni hanno ornato le spiagge di tutta la penisola.

In ambito ludico, il concetto è semplice: un sandbox non è un gioco definito, limitato da regole applicabili solo in uno specifico sistema. Un sandbox è un gioco che fissa solo dei “paletti” molto ampi, all'interno dei quali il giocatore si muove pressochè liberamente per ricreare un “ambiente” che assecondi i suoi gusti.

Tanto per capirci, parlando di videogiochi, la serie di Sim City è fin dalla sua primissima incarnazione l'esempio più classico di sandbox. Usando le meccaniche di base fornite dal programma si può creare la città che si vuole, bella o brutta, industriale o ecologica, commerciale o residenziale. Il gioco si preoccupa unicamente di mantenere una plausibilità alle attività del giocatore (indipendentemente da quello che le sta intorno, una centrale a gas produrrà sempre un certo quantitativo di inquinamento, che bisognerà compensare in qualche modo), una coerenza interna che andrà rispettata... ma nel modo e con gli strumenti liberamente scelti dal giocatore.

In altri termini, un sandbox è un gioco che ti permette sostanzialmente di fare quello che vuoi, esprimendoti liberamente e creando il tuo mondo senza dover necessariamente apportare delle varianti esplicite alle regole.

Anche nel campo dei giochi da tavolo e dei wargames esistono i sandbox. Possiamo citare ancora una volta Commands and Colors: Ancients che fornisce delle unità generiche ed una mappa ad esagoni mobili da ricombinare di volta in volta per ricreare le più svariate battaglie dell'antichità o perfino battaglie ipotetiche. Possiamo ricordare un sistema di skirmish da me molto apprezzato, quello dell'italianissimo Song of Blade and Heroes (su Gioconomicon troverete la mia recensione dell'ultimo arrivato nella serie: il moderno Flying Lead), sul cui impianto di base si possono innestare regole aggiuntive che modifichino sostanzialmente lo svolgimento della partita in base alla situazione che si vuole simulare.

Naturalmente – con tutte le sue promesse di libertà creativa – non dobbiamo pensare che il sandbox sia un modello ideale a cui tutti i giochi devono tendere. Un sandbox rischia di sembrare eccessivamente generico nelle sue regole, per forza di cose perde alcune sottigliezze tipiche dei giochi più specializzati, alle volte sembra “piatto” a causa delle numerose semplificazioni che deve fare per creare delle regole adattabili un po' a tutto.

Insomma, creare un buon sandbox è un'impresa molto difficile per un game designer. Ma i pochi che sono riusciti a farlo hanno generalmente ottenuto dei risultati ottimi, dei veri cult del panorama ludico.

Un po' come i nostri cari castelli di sabbia, un gioco che si ripete da secoli sulle coste di tutti i mari.

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