martedì 29 marzo 2011

Le virtù della moderazione

Computer Moderated Wargame (CMW).
No, non si tratta dell'ultima diavoleria escogitata dal Pentagono nel campo dei sistemi d'arma, né di una sigla presa da un thriller di Tom Clancy o dall'ultimo Call of Duty. Qui si parla sempre dei soliti cari, vecchi pupazzetti di plastica o di piombo. Solo che questa volta andiamo un po' più sul tecnologico.
Tutto ha inizio qualche giorno fa, quando finalmente mi capita tra le mani la mia copia di Wargames Illustrated. Stampata nella perfida Albione (perfida perché a forza di soldatini di piombo e regolamenti mai utilizzati le Isole Britanniche si sono cibate abbondantemente delle mie finanze...), questa rivista alla quale mi sono appena abbonato ospita nell'ultimo numero un lungo articolo relativo ad un regolamento di wargame "computer assistito": Carnage and Glory II. (Nota di colore: Fighi questi titoloni truculenti dei wargames, vero? Morti, stragi, eroi, baionette, spade, aquile, bandiere ovunque. Perché non ne ho mai trovato uno che si chiamasse Pippo e Paperino Vanno alla Guerra o Non Vi Preoccupate, Facciamo Bum Bum con la Bocca ma Stiamo Solo Scherzando?). 
Nel passato diversi programmatori hanno fatto dei tentativi in questo campo, anche per quel che riguarda il fantasy con il recente Ex Illis (Non ne avete mai sentito parlare? Un motivo c'è...), però pochi hanno ottenuto dei risultati davvero convincenti. Carnage and Glory II mi ha ispirato una certa fiducia e voglio lasciargli il beneficio del dubbio.
E siccome non sono potuto andare alla Play di quest'anno, mi ritrovavo a corto di scuse per buttare un altro po' di soldini in cavolatine ludiche... OK, l'avete capito, ci sono cascato e ho comprato i regolamenti per il periodo napoleonico, la Guerra Civile Americana e la Guerra Civile Inglese (lo so, lo so... non troverò mai un cane che vorrà giocare in questo periodo, ma a me il Cromwell di Richard Harris è piaciuto troppo e quindi zitti e mosca!).


Sarà anche pieno di imprecisioni storiche, ma un film con un vigorosissimo Richard Harris che fa Cromwell e un magistrale Sir Alec Guinness che fa Carlo I non può che essere una figata pazzesca! Se ci aggiungete anche Timothy Dalton nei panni assolutamente folli del Principe Rupert (con cagnolino al seguito!) avrete un'idea... Da vedere assolutamente, meglio se in lingua originale! (Per i curiosi: io tifo per Cromwell e il New Model Army: a morte il tiranno!)


Ma, insomma, cosa accidenti è un CMW? Il principio di base è lo stesso del nonno di tutti i wargames: il Kriegspiel. Prima che i perfidi albioni (e dalli...) escogitassero quell'instrumento del dimonio che è il dado, seguiti dai loro degni eredi americani con altri marchingegni malefici quali le carte comando e la suddivisione in settori del campo, gli austeri ufficiali dello Stato Maggiore prussiano si dilettavano a spostare pezzetti di legno colorato su di una mappa, con un ancor più austero arbitro dello Stato Maggiore prussiano (roba che al confronto Darth Vader era un capo scout...) che stabiliva insindacabilmente l'esito degli scontri.
Un CMW fa proprio questo, mette il computer al posto dell'arbitro e demanda a lui il compito di stabilire cosa succede alle povere truppe che hanno avuto la disgrazia di finire sotto il nostro comando. Senza nemmeno bisogno di mettere un elmetto chiodato sullo schermo.


Un elmetto chiodato o Pickelhaube. Non è necessario indossarlo mentre giocate ad un wargame. Però aiuta...


Ci troviamo dunque un passettino indietro rispetto ai veri e propri wargames per computer, dove il gioco applica da solo le proprie regole imponendole ai giocatori, e un passettino avanti rispetto ai meri simulatori "virtuali" alla Vassal, che forniscono una piattaforma di gioco "neutra" che chiede ai giocatori di applicare le regole corrette. 
In pratica, il sistema inserisce le singole unità in un ordine di battaglia, assegnando ad ogni pezzo un numero identificativo. I giocatori, per conto loro o con l'ausilio di un arbitro, avranno sempre i loro bravi pupazzetti colorati da spostare sul tavolo, ma dovranno inserire tutti gli ordini di movimento, carica e attacco nel computer. Questo a sua volta calcolerà immediatamente la distanza percorribile da un battaglione dotato di buon addestramento, che abbia raggiunto un determinato livello di affaticamento e che passi da una formazione in linea ad una in colonna, magari attraversando un terreno accidentato. E dirà al giocatore qualcosa del tipo: "Caro wargamer, col cavolo che il tuo battaglione è in grado di marciare da una parte all'altra del campo nel giro di cinque minuti, mandare in rotta da solo un'intera divisione di fanteria e poi conquistare la ridotta nemica uccidendo pure il comandante nemico. No, non mi importa nulla, se è un battaglione della Guardia Imperiale. Questo non è Warhammer! Forse riesce a passare dalla formazione in colonna a quella in linea e muoversi in avanti di cento metri. Ma solo perché oggi mi sento buono."
Sembra complesso? Lo è. Soprattutto se, come nel wargame "tradizionale", siete voi a dover fare tutti questi maledetti calcoli, navigando in una giungla di modificatori, valori, percentuali e tabelle da incrociare ad ogni singola decisione che prendete.


La carica degli Scots Greys a Waterloo. Secondo voi, durante la carica urlavano: "Forza, che se vinciamo il test d'iniziativa abbiamo un +3 al tiro per la risoluzione del combattimento!" oppure "Scotland forever!"? Io voto per la seconda. Per la cronaca, la carica fu un mezzo disastro visto che, dopo un notevole successo iniziale contro la fanteria nemica, fu fermata dalla controcarica combinata di corazzieri e lancieri francesi, lasciando Wellington sostanzialmente privo di cavalleria per buona parte della battaglia.


Lo scopo e anche il vantaggio di un tale sistema è evidente: rendere "invisibile" al giocatore tutta la noiosa parte gestionale del wargame, permettendogli di concentrarsi su ciò che davvero preoccupava i comandanti: la gestione tattica delle risorse militari in loro possesso, nell'ambito delle condizioni operative che si verificavano in un dato momento. Ne abbiamo parlato altre volte: al Generale Camembert non gliene fregava un fico secco quanti passi riusciva a fare un battaglione in linea e quanti uno in colonna, oppure che il colonnello Baguette avrebbe sicuramente eseguito il suo ordine alla lettera mentre il colonnello de Foie Gras aveva il cinquanta per cento di probabilità di partire alla carica di sua iniziativa. Magari lo sapeva pure e ne teneva conto, ma quello che realmente gli interessava era sapere che tot uomini della divisione XY sarebbero stati in grado di conquistare una determinata posizione se spostati al di sopra di una certa collina, in modo da esercitare una pressione tattica sul fianco dell'avversario. Soprattutto, nel bel mezzo di una battaglia in cui la visibilità media era di due-trecento metri e in cui il rumore delle cannonate, dei tamburi e della fucileria aveva sulle orecchie lo stesso effetto di un concerto dei Megadeth, non poteva certo mettersi a fare calcoli su distanze, posizionamenti e probabilità di riuscita di un attacco. Il resto finiva tutto nel campo nella fortuna e cercare di "microgestire" una battaglia nei minimi particolari era il modo migliore per perderla. 
I rischi di questo sistema, però, sono altrettanto evidenti. 
Da un lato, si rischia di aggiungere alla complessità di interpretazione di un regolamento tridimensionale la complessità di utilizzo di un programma informatico, sopratutto se l'interfaccia è faraginosa o se diventa difficile integrare correttamente ciò che accade sul campo con il database del programma (se finite "fuori sincrono" è piuttosto arduo recuperare). Dall'altro, un sistema troppo "perfettino" finisce con il lasciar fuori il giocatore da molti dettagli dell'elemento decisionale: ci si ritrova insomma a giocare ad un videogioco più complesso, senza la facilità di approccio tipica dei giochi per computer veri e propri.
Ora, Carnage and Glory II riesce nel suo scopo? Ancora non lo so perché non l'ho provato sul campo, ma se da un lato il suo manuale di cento pagine non mi rassicura molto sulla facilità d'impiego, dall'altro quello che sto leggendo mi sembra essere un sistema di simulazione solido e plausibile. Purtroppo rimane ancora da vedere come questo set di regole interagisca con il suo supporto informatico.
Un problema al quale cercherò di ovviare non appena riceverò il programma, magari con qualche partita di piccole dimensioni in solitario. 
Sì, al modulo sulla Guerra Civile Inglese, toh!


PS: Scusate la lentezza degli aggiornamenti di questi ultimi tempi, ancora più rallentata rispetto ai miei pessimi standard. Vedrò di recuperare in futuro!

giovedì 3 marzo 2011

Il gioco lento...

Poveretti quelli che mi conoscono. Ora, oltre al mio solito caratteraccio e alle mie cento fisime incrociate, devono sorbirsi una mia nuova passione: i Toscani.

Sì, perché per "colpa" di un caro amico della mia consorte (Cristiano, ti voglio bene!), ho scoperto la gioia del tabacco Kentucky fermentato, avvolto nelle sue stesse foglie in una meravigliosa forma "stortignaccola", senza fasce e sottofasce che gli diano una innaturale forma a tubo. Dopo anni di tentativi mal riusciti con sigari cubani, americani e affini, sono sbarcato in questo nuovo mondo. E non ho alcuna intenzione di andarmene.

Oh, intendiamoci, tutto ciò è dovuto anche ad un certo "ingentilimento" delle miscele del Toscano e alla mia predilezione per i sapori non troppo decisi né "puzzosi". D'altro canto, ho la grande fortuna che il fumo nobile - NON quello delle sigarette incatramate e ripiene di sostanze radioattive - non solo è tollerato in casa, ma anche apprezzato da tutti (tra un po' me li devo litigare col gatto, che gradisce molto i Modigliani... di gusti raffinati, il felide!). Né tale passione mi esime dall'astenermi in presenza di chi non gradisce, perché il buon fumo è prima di tutto civiltà da condividere con gli altri (come per i giochi, la mia collezione di "Toschi" sarà a disposizione di tutti gli amici!), non imposizione da fare agli altri.

Da questi princìpi, pur se neofita del fumo, non transigo.


Giuseppe Garibaldi (1807-1882). Non ha bisogno di alcuna presentazione. L'immagine di lui a cavallo, con l'immancabile sigaro in bocca, è a dir poco iconica. I produttori del Toscano gli hanno dedicato anche un sigaro, leggero e giustamente "da battaglia", che incidentalmente è anche uno dei miei preferiti.

Tuttavia, il "fumo lento" del buon sigaro rigorosamente "ammezzato" alla Garibaldi mi sta regalando grandi soddisfazioni. Un consumo ponderato di poco tabacco, che dura quasi un'ora buona, in pieno rilassamento. E' uno stile di vita, il gusto per i momenti di relax consapevole che - con la giusta moderazione - non fa male alla salute, ma rinvigorisce lo spirito. Un po' come il gioco.

Ecco, il fumo lento come il gioco lento, inteso come attività ludica non nervosamente agonistica, assaporata nei suoi migliori aspetti di socialità, vissuta come esperienza razionale ed emotiva al tempo stesso. Un bel wargame con le sue storie di epico coraggio, una sessione di gioco di ruolo fantasiosa e stimolante, un gestionale che ti spinge ad un ragionamento strategico avveduto... Senza l'isterico assillo dell'attenzione alla regola, della pulsione verso la vittoria ad ogni costo, del giocare contro l'altro piuttosto che con l'altro (elemento per me fondamentale, soprattutto nei giochi a confronto diretto a due).


Il gioco e il fumo... due mondi che si parlano, che discorrono amabilmente l'uno con l'altro. Non fa forse parte del nostro immaginario il "pokerino" tra gli amici (e perché no, più di recente, anche tra le amiche!) avvolto dal fumo dei sigari?

Questo mi riporta in mente l'altro giorno quando, per puro caso, è capitato a me e a mio padre di incontrare un "veterano" del gioco in Italia, un vero creativo e autore di giochi che definire "esperto" è riduttivo. Si parlava dei tempi d'oro, di quei primissimi anni Ottanta suoi e di mio padre, di quel meraviglioso esperimento che fu Pergioco, la prima - e secondo me finora la più riuscita - rivista italiana del settore. Come è cambiato il mondo del gioco da allora!

Certo, è più diffuso. Uscito dagli scantinati degli sparuti negozi specializzati all'epoca esistenti, entrato in tutte le case, con convention che raccolgono migliaia di appassionati. Ma anche un mondo in cui vi è una maggiore specializzazione dei giocatori su due o tre titoli piuttosto che su di un genere, in cui la nascita dei meccanismi del gioco organizzato visto più come promozione commerciale che come momento ludico a sé stante ha portato alla nascita di linguaggi "oscuri" per chi non conosce questo o quel piccolo universo. Una visione del gioco ipercompetitiva, in cui la strategia tende a lasciare il posto alla ricerca del piccolo vantaggio immediato, della combinazione "invincibile", del modo migliore di spendere gli ultimi venti punti rimasti nella lista dell'armata da costruire.

No, non tutti i giocatori ricadono in questa categoria e questo non vuol essere un banale amarcord. Vuole essere molto di più: una dichiarazione di intenti.


Forse non tutti sanno che i sigari fumati dall'immortale personaggio recitato da Clint Eastwood negli altrettanto immortali film di Sergio Leone altro non erano che dei Toscani "ammezzati". Niente male come accompagnamento a una dichiarazione di intenti, eh?

Proprio come le sigarette non le ho mai considerate in vita mia (con tutto il rispetto, ritengo che ci siano vizi molto più appaganti e al tempo stesso meno distruttivi) e sono invece approdato al mondo un po' "casareccio" dei Toscani, allo stesso modo non mi farò catturare dalla logica del "gioco ad ogni costo". Non è il gioco a giocare me, ma io a giocare lui.

Il mio approccio, e lo credo a tal punto da azzardarmi a formulare tutto ciò come un consiglio, sarà sempre quello votato al divertimento rilassato. Se un gioco mi richiede di passare settimane a studiare un regolamento o una army list, spulciando tra forum e siti specializzati, solo per arrivare ad un livello "decente" di abilità nel giocarlo, allora non fa per me.

Gioco non per soddisfare una mia dipendenza, ma per puro diletto. Proprio come faccio con il fumo.

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