mercoledì 23 febbraio 2011

Tele-ludica: il gioco "a distanza"

Il concetto di base può sembrare paradossale: se già è difficile riuscire a organizzare una partita con chi ti abita vicino casa, perchè non organizzarne una con chi abita da tutt'altra parte?

Parrà strano, ma non è sempre una brutta idea, soprattutto nella nostra era fatta di e-mail e messaggistiche istantanee via web. In effetti, non lo era nemmeno negli anni in cui le comunicazioni si dovevano affidare ai celeri (?) servizi postali o alle care, vecchie e molto care (!) telefonate.

La storia del gioco per corrispondenza nasce negli anni Cinquanta e Sessanta, grazie alle primissime pionieristiche riviste di giochi stampate in America. Avete presente quei bollettini di una decina di pagine al massimo, ciclostilati alla bell'e meglio e spediti ad una lista di indirizzi fisici? Quelli che all'epoca venivano buttati nel cestino e che adesso valgono una fortuna su eBay? Esatto, proprio quelli.

Si cominciò coi wargames che, proprio come gli scacchi, ben si prestavano con le loro mappe e i loro turni rigidamente sequenziali ad una registrazione reciproca delle mosse dei singoli giocatori con relativa trasmissione mossa dopo mossa.

Poi, giunse il Diplomacy.

Ora, è un po' esagerato affermare che il gioco per corrispondenza si è sviluppato solo grazie a questo titolo. Però è innegabile che la struttura a risoluzione simultanea del turno, la scrittura segreta degli ordini e soprattutto la natura stessa del gioco che faceva delle trattative (e quindi delle comunicazioni) tra i giocatori il suo maggiore punto di forza erano elementi ideali per la conduzione di una partita tramite mezzo postale. Anzi, secondo alcuni esperti, i tempi più rilassati e la possibilità di intavolare trattative più complesse fecero solo del bene a questo gioco, contribuendo alla canonizzazione di alcune strategie e migliorandone determinati squilibri che ora potevano - a seconda dei casi - essere evitati o sfruttati dai giocatori più smaliziati.

Ed è stato anche in virtù di questo che - dopo la positiva esperienza di qualche anno fa con Youplay - ho deciso di iscrivermi a WebDiplomacy, un sito di appassionati sul quale è possibile giocare delle partite "per corrispondenza" via web, con tutto il supporto che l'informatica può offrire, soprattutto nel campo delle comunicazioni e della risoluzione automatica delle mosse. L'esperienza si sta rivelando molto soddisfacente e anche "istruttiva" (se non altro sui mille modi che possiamo escogitare per giustificare una nostra bugia...). Se solo, tanto per cambiare, non mi fosse capitata di nuovo l'Austria! Deve essere un mio karma negativo...

Ad ogni modo, esistono anche altri modi per giocare "a distanza", magari in simultanea. Negli ultimi tempi, infatti, sono sorti numerosi sistemi di "gioco assistito" con moduli che riproducono sul computer le mappe, i pezzi e le carte di moltissimi titoli. Dai primi passi mossi con Aide de Camp, siamo giunti alle elaborazioni di Cyberboard, Sun Tzu o ancora l'ottimo Vassal (che vi consiglio caldamente di provare!).

Purtroppo questi sistemi soffrono di due grandi svantaggi: generalmente non impongono automaticamente il rispetto delle regole (proprio come nei giochi "fisici" nessuno ci impedisce, ad esempio, di muovere una pedina una casella di troppo) e talvolta alcuni titoli non sono disponibili per motivi di copyright (e qui va un plauso a quelle lungimiranti case editrici che hanno capito come un modulo Vassal incrementi le vendite, anziché ridurle!). Se però conoscete bene le regole e riuscite a trovare il modulo che vi interessa, rappresentano un ottimo metodo per giocare con persone che vivono lontano da voi, senza dover attendere l'occasione giusta per vedersi insieme. Inoltre, se vi va di giocare una rapida partita in solitario ad un qualsiasi wargame, sono un'ottima soluzione per evitare di perdere tempo a predisporre il tabellone con tutti i relativi pezzi.

E poi, su Vassal sono disponibili anche diversi giochi "esclusivi" per questa piattaforma, quasi sempre gratuiti...

mercoledì 16 febbraio 2011

Riemergendo dalle nebbie...

Amici carissimi, che settimane!

Orari d'inferno e lavoro a pacchi in ufficio hanno prosciugato le mie energie e mi hanno forzatamente impedito di seguire il blog. Per fortuna, però, anche se saltuariamente sono riuscito a organizzare qualche seratina ludica riportando - strano a dirsi - una insolita quantità di vittorie. Che lo stress faccia bene alle cellule grigie?

Una rapida panoramica delle mie prodezze parte da quelli che sono ormai due grandi favoriti del sottoscritto. Se nel primo caso - Memoir '44 - sono riuscito pur se con difficoltà a rintuzzare un contrattacco tedesco sferrato ai danni delle teste di ponte in Normandia, nel secondo - Dust Tactics - ho continuato a provare i vari scenari di gioco sperimentando per la prima volta l'impiego di tutte le unità contenute nella scatola base. E il risultato è stato così soddisfacente che ho ordinato altre truppe per rinfoltire le mie armate!

Un'immagine del Feldmaresciallo Rommel ci sta sempre bene, per definizione.

Qualche sera dopo è stata la volta di un altro grande titolo, il nuovo Battle Cry. Visto che qualcuno mette talvolta in discussione la mia onorabilità sostenendo che nello scegliere gli scenari prendo sempre l'esercito favorito, questa volta ho deciso di assumere il comando dello schieramento sudista a Little Sugar Creek, impegnato a difendersi dall'assalto di un contingente decisamente superiore in numero. E ovviamente ho avuto la meglio, sbaragliando una metà delle truppe nemiche prima dell'arrivo del resto degli yankees. Anche se lo scenario era molto veloce e decisamente soggetti ai capricci della fortuna (ok, ok, un mio cecchino è riuscito a stendere il generale nordista al primo colpo...), sono contento della mia performance tattica. Forse tutte le batoste che ho preso in passato sono servite a qualcosa!

Esperienza ben diversa è stata quella di Serenissima, un bello strategico che combina secondo me in maniera efficace meccaniche da wargame con elementi tipici dei giochi alla tedesca (cubetti a non finire!). I giocatori sono al comando di quattro grandi potenze navali del Rinascimento - Venezia, Genova, Spagna e Turchia - e sono chiamati a costruire una vasta rete di commerci scambiando diversi prodotti tra tutte le regioni del Mediterraneo. Ogni volta dovranno bilanciare le esigenze della conquista militare con quelle della loro rete commerciale, visto che le navi avranno una capacità di carico limitata: le si dovrà dunque riempire di merci rendendole appetibili e vulnerabili ad un improvviso attacco avversario, oppure le si dovrà stipare di soldati pronti a conquistare i porti di sbarco? L'unica pecca del gioco è che è stato rigidamente concepito per essere giocato in quattro e  già in tre soffre di alcuni squilibri. Dal canto mio, avendo avuto in sorte la Turchia (anche se la prima pesca mi aveva visto prendere la più difficile Venezia e gentilmente il proprietario del gioco mi ha concesso di gestire una nazione più semplice) ho deciso di giocare in modo un po' "anomalo", con un Turco pacifista e disponibile a scambiare le proprie mercanzie con chiunque. Eccezion fatta per un paio di assalti contro un Veneziano troppo espansivo, ho stabilito senza colpo ferire un'area di influenza che andava dalla Grecia alla Libia e nella quale nessuno poteva entrare senza il mio permesso (il caso ha voluto che nell'elaborare questa strategia seguissi praticamente l'itinerario del mio viaggio di nozze!). Una volta fatto ciò, la vittoria è praticamente venuta da sola, mentre il Veneziano e lo Spagnolo si ritrovavano a combattere per il controllo dell'Italia e del Maghreb.

Venezia, la Serenissima, dà il titolo all'omonimo gioco. Scelta singolare, visto che è la potenza che parte con minori prospettive di vittoria. Un po' come uno strategico della Seconda Guerra Mondiale che si chiami Avanti, Savoia!

Ma non di sole cannonate vive un giocatore e quindi eccomi qui alla guida della mia vettura di Formula Uno in Bolide! Questo gioco è secondo me un piccolo gioiello davvero misconosciuto. Invece di usare i fortunosi dadi del ben più noto Formula Dé, il sistema di movimento vettoriale di Bolide costringe i piloti a usare il cervello oltre che il piede dell'acceleratore. Poiché la forza del movimento che compie la vettura ce la ritroviamo addosso anche alla mossa successiva, le traiettorie possibili si riducono drasticamente e arrivare troppo veloci ad una curva equivale a ritrovarsi sicuramente spiaccicati contro un muro il turno successivo. E così, come per magia, ci si ritrova tutti a dover impostare degli approcci corretti alle curve, effettuando il più classico dei sorpassi in staccata o sfruttando la scia dell'avversario nella speranza di non perdere troppa velocità. Nella corsa dell'altra sera mi sono ritrovato in testa fin dall'inizio e con una guida a dir poco "antipatica" (chiusura delle curve in faccia agli avversari e resistenza passiva ai loro sorpassi con tanto di "sportellate") sono riuscito a mantenere per quasi tutta la gara la mia posizione. Nonostante un mio primo recupero in extremis in una chicane nella quale mi sono infilato nell'ultimo metro libero prima del rettilineo, sono stato infatti costretto a cedere all'ultima curva a causa di un mio comportamento troppo "prudente" (ho staccato l'acceleratore una frazione di secondo troppo presto!). Complimenti al mio avversario, nonché al terzo classificato Gnotta che con la sua guida molto precisa è riuscito a recuperare quasi del tutto un brutto testacoda iniziale e sarebbe stato nuovamente pericoloso, qualora avessimo fatto anche il secondo giro previsto dal regolamento. Una sconfitta relativa, ma dire che mi sono divertito è poco!

VRUUM VRUUM!!!

Insomma, questo periodo di iperlavoro mi ha spinto ad apprezzare ancora di più i momenti che riesco a dedicare al gioco. Di conseguenza ho pianificato una serie di acquisti che mi permetteranno di dedicarmi ad alcuni giochi che da troppo tempo ho lasciato colpevolmente in disparte.

Il primo è Battlelore. Con l'arrivo degli ultimi supplementi che mi mancavano e l'acquisto in Germania di due figure promozionali (il Gigante delle Colline e l'Elementale della Terra) anche qui la mia collezione è praticamente completa. Non vedo l'ora di buttarmi a capofitto in questo strano wargame mezzo medievale e mezzo fantasy, con le sue regole di campagna, la sua elevata versatilità e il suo imprevedibile mazzo degli effetti speciali.

Il secondo è Song of Drums and Shakos, un regolamento skirmish napoleonico che segna il ritorno della mia passione modellistica. Pochi pezzi per parte e il mio periodo storico preferito, uniti ad un ottimo regolamento di cui avevo già parlato diverso tempo fa, promettono grandi battaglie. Con l'incetta che ho appena fatto di pezzi della Victrix e della Perry, nonché con gli ottimi edifici spagnoli della Empress, i prossimi mesi mi vedranno impegnato a preparare le mie squadre di cavalleria e fanteria inglesi, portoghesi e francesi!

Tutte cose delle quali vi terrò debitamente aggiornati!

Nicolas Jean-de-Dieu Soult (1769-1851), uno dei più grandi marescialli di Napoleone. Se non ricordo male, proprio di lui l'Imperatore diceva (un po' impietosamente) che era capace di far comparire dal nulla 50.000 uomini, ma che poi non sapesse cosa farsene. Un po' come me con le miniature, insomma...

giovedì 3 febbraio 2011

Scacco matto!

Invariabilmente, quando confesso a qualcuno la mia oscura passione per i wargames, la reazione (quando il poveretto non scappa via urlando...) è la seguente:


"Ma allora ti piaceranno gli scacchi! Sono il gioco bellico per eccellenza!"

BEEP!!! Sbagliato su entrambi i fronti!

Primo, gli scacchi non mi piacciono. So giocarci, ci gioco da quando ho otto anni, non mi sono mai mancate le occasioni per giocarci da solo o con altri. Eppure, tendenzialmente li detesto. Li trovo noiosi, eccessivamente meccanici e francamente poco interessanti dal punto di vista ludico (un gioco per due persone basato su meccaniche ad esito fisso mi sembra fare a cazzotti sia con il concetto di alea che con quello di vertigine... non mi ricordo se vi ho parlato di I giochi e gli uomini di Caillois, magari visto in correlazione con l'Homo Ludens di Huizinga, ma ci ritorneremo in futuro).

Secondo, sfatiamo il mito che gli scacchi siano una rappresentazione adeguata di uno scontro armato. Sicuramente nelle sue varie incarnazioni nel corso dei secoli, questo gioco ha cercato di rappresentare in maniera quasi ritualistica ciò che succede sul campo di battaglia. Ma ogni giocatore sa (o dovrebbe sapere) che c'è una bella differenza tra "rappresentare" e "simulare".

Gli elementi che impediscono agli scacchi di rientrare nel novero delle consim (o conflict simulations, le "simulazioni di conflitto") sono svariati. 

Innanzitutto, la lacuna più evidente è la totale assenza dell'elemento casuale. Come la rigiriate, se messo nella posizione giusta un pedone riuscirà inevitabilmente ad eliminare un cavallo, una torre o - nei casi limite - perfino il re avversario. Sostenere che una cosa del genere possa accadere con la stessa granitica certezza anche in un campo di battaglia - cioè, ad esempio, che il più umile battaglione di fanteria possa rendere del tutto inoffensiva una formazione di cavalleria semplicemente attaccandola - significa non conoscere la storia militare. Certo, determinate unità riusciranno più facilmente ad infliggere un certo livello di danni e gli esiti di alcune situazioni tattiche saranno realisticamente prevedibili, ma la guerra rimane pur sempre un'arte (per quanto dai risultati molto discutibili...) e non una scienza esatta.

Un altro motivo di inadeguatezza simulativa è l'assoluta mancanza di differenze tra le unità dello stesso tipo. Tutti i pedoni si muovono allo stesso modo, tutti i cavalli possono scavalcare le altre pedine, tutte le regine possono effettuare la mossa che vogliono (cavallo escluso). Non esistono differenze di addestramento, di armamenti, di capacità di comando. Nulla, tutti sono degli automi che si muovono a comando quando vogliamo noi, vanno dove vogliamo noi e combattono come vogliamo noi. Il fatto che anche le unità dell'avversario seguano questa regola di base non riequilibra la situazione, ma al contrario ci allontana ancor di più dalla realtà, rendendoci perfettamente prevedibili e calcolabili le sue contromanovre.

Ancora, date un'occhiata alla scacchiera. Piatta, liscia, perfetta. E quindi per nulla plausibile come campo di battaglia. Caratteristiche del terreno, situazione meteorologica, ampiezza del fronte, lunghezza delle linee di comunicazione e rifornimento... tutta questa roba esiste e si sente in una battaglia. Mostratemi un singolo scontro nel quale tutto ciò non ha influito in una qualche misura sul risultato finale o anche solo sulle strategie impiegate: si tratterà probabilmente di una battaglia combattuta su di un altro pianeta in un'altra dimensione (o di una battaglia tratta da un orrido romanzetto féntasi italiano, vero Zwei? ^___-).


Il deserto. Nel deserto fa caldo e il sole può accecare chiunque, per non parlare delle nubi di sabbia. La temperatura e la posizione relativa del sole possono influire radicalmente sulle capacità operative delle truppe. Di conseguenza, caldo e sole sono elementi che influiscono sull'esito di uno scontro, anche nel deserto più piatto del mondo. Anche come simulazione della guerra nel deserto gli scacchi falliscono miseramente.


Un altro problema è rappresentato dall'obiettivo principale del giocatore di scacchi, o meglio dal suo unico obiettivo: eliminare il re dell'avversario. Chi se ne importa se per farlo abbiamo perso la quasi totalità del nostro esercito e compromesso la nostra posizione strategica, abbiamo ucciso quel bastardo! Evviva... Ora, anche se in alcuni casi la soppressione fisica o la cattura del comandante nemico poteva costituire un obiettivo strategico di grande rilevanza (pensate ad un'armata macedone che si ritrova senza Alessandro nel bel mezzo di Gaugamela o ancora ad un esercito francese ad Austerlitz colpito all'improvviso dalla notizia della morte del suo Imperatore), sono davvero poche quelle battaglie che vengono combattute appositamente per decapitare le forze avversarie e ancora meno quelle che terminano all'improvviso qualora si verifichi un'eventualità del genere.


Sir Arthur Wellesley, Duca di Wellington (1769-1852). All'inizio della battaglia di Waterloo, fu avvicinato da un artigliere che sosteneva di poter colpire Napoleone mentre questi stava passando in rassegna le sue truppe. La sua risposta fu glaciale: i comandanti in capo hanno di meglio da fare che spararsi l'un l'altro. Forse non aveva giocato abbastanza a scacchi...


Insomma, se davvero vogliamo trovare un omologo ludico al wargame non dovremmo cercarlo in mezzo a torri ed alfieri, ma magari tra le picche e i cuori del Bridge. Un buon giocatore di questo immortale gioco di carte deve infatti destreggiarsi tra risorse limitate, influenza del caso, individuazione degli obbiettivi effettivamente raggiungibili, imprevedibilità del mutare della situazione... tutte cose che suonano fin troppo familiari a  un comandante militare! (L'idea di considerare il Bridge come analogia di uno scontro armato non è mia, ma di una persona che conosco molto bene. Se ancora trovate in giro una delle rarissime copie de Le guerre di carta, scritto nel 1979 da mio padre per l'Editore Guida, compratelo subito... e leggete a chi è dedicato... ^__-).


Ok, gli scacchi non sono un wargame e nemmeno una simulazione di conflitto militare credibile. L'astrazione è eccessiva e snatura troppo la materia che ne costituisce l'oggetto. Ma come gioco in assoluto?


Sono semplicemente geniali. Solo che, come molte cose geniali, sono anche estremi. Siamo alle solite: alcuni titoli, pur oggettivamente molto belli, possono non piacere per nulla a certi giocatori a causa di alcune loro meccaniche di base che li contraddistinguono ma che li allontanano dai gusti di tutti.


Anche la parmigiana di melanzane si sviluppa a partire da un concept geniale, ma non a tutti piac... ok, esempio sbagliato...


Il mio problema è che sono consapevole di tutto questo, so bene che gli scacchi valgono moltissimo da un punto di vista ludico! Rappresentano un punto di equilibrio praticamente irraggiungibile, un'esperienza ludica che se apprezzata in pieno può regalare grandi soddisfazioni intellettuali e strategiche. Ma è un'esperienza ludica che non mi interessa, nonostante ogni tanto io stesso riprovi ad avvicinarmici.


Una possibile risposta a questo stato di cose c'è. Si chiama Knightmare Chess ed è un simpatico giochino che rientra nel grande novero dei titoli in mio possesso ma mai provati. L'idea di base è semplice: si gioca a scacchi normalmente, ma con un piccolo e apparentemente innocuo - oltre che ottimamente illustrato! - mazzo di carte a lato. Delle carte che, pescate e giocate dai due avversari, stravolgono letteralmente le regole del gioco.


E così, pezzi eliminati tornano in campo, le mosse vengono modificate o addirittura scambiate, gli scontri possono risolversi con l'eliminazione dell'attaccante ad opera di un difensore particolarmente valoroso o addirittura la scacchiera stessa si può trasformare in una gigantesca trappola, perdendo intere file di caselle o cambiando orientamento.


Il risultato, apparentemente caotico, è un gioco di scacchi in cui nulla è più prevedibile e in cui, paradossalmente, si possono vedere in azione tutte le capacità strategiche dei giocatori, non solo quelle legate al semplice calcolo razionale.


Se Knightmare Chess garantisse davvero quello che promette e che leggo in giro nei forum, potrebbe essere la tanto cercata soluzione al mio tormentato rapporto con uno dei giochi più antichi del mondo.

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